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sabato 27 marzo 2010

ACT II: Il colabrodo della censura

Ho appena visto l'incipit di Raiperunanotte, la trasmissione che non è andata in onda l'altra sera perché sgradita al governo. Non voglio dare giudizi di merito perché questo blog non parla di politica partitica. Su questo mi limito a dire che il confronto iniziale va forse oltre lo stesso intento polemico degli autori. Da una parte Mussolini infiammava la piazza al grido di "desiderate degli onori? (Noooo!) Delle ricompense? (Noooo!) La vita comoda? (Noooo!)", dall'altra Berlusconi chiede "volete la reintroduzione dell'ICI? (Noooo!) Il raddoppio delle tasse sui BOT e i CCT? (Noooo!) Un'imposta patrimoniale anche sugli immobili più piccoli? (Noooo!)" [ometto una serie di altri "volete" giacché Berlusconi si è scordato che la retorica richiede anche di tenere le enumerazioni brevi e dispari]. I temi dell'epica politica si sono decisamente sviliti, e questo mi suscita un'amarezza che non ha colore né bandiera.

Venendo a temi più cari a questo blog, mi piacerebbe soffermarmi sul fatto che quello che è successo l'altra sera ha pochissimi precedenti nella storia Italiana, e credo anche Mondiale. In breve un intervento censorio (giusto o sbagliato che fosse) da parte dell'establishment, è stato non solo aggirato ma addirittura cavalcato, tanto che a sentire le cifre che girano non è detto che una regolare puntata di Annozero avrebbe fatto quel numero di ascolti. Una cosa del genere era già successa qualche anno fa con un'altra trasmissione di sinistra. Si chiamava Raiot ed era una feroce trasmissione di satira politica ideata e condotta da Sabina Guzzanti. A detta di alcuni la satira fu troppo feroce, tanto che la seconda delle due puntate, perchè non si potesse dire che era stata censurata, si celebrò "liberamente" a teatro dove chiunque fu "libero" di prendere armi e bagagli e, se proprio ci teneva, andarsela a vedere. In pratica già allora il video fu immediatamente disponibile via internet (e lo è ancora), ma la strategia dei censori tutto sommato funzionò egregiamente e passata la polemica nessuno ebbe a parlare di Raiot come di un grande successo mediatico.

Quello di cui non è stato tenuto conto questa volta è il mutato scenario delle telecomunicazioni. Nel 2003 gli strumenti c'erano già tutti ma la "struttura" che la maggioranza dei telespettatori percepiva era ancora quella vecchia. Una volta si accendeva il televisore e si ricevevano delle "opzioni" esisteva il telecomando certo, ma la scelta era comunque tra una rosa relativamente ristretta di proposte, uno vedeva cosa c'era e poi sceglieva. Ora il consolidarsi di tecnologie come i video in streaming e l'uso quotidiano di Internet in generale hanno invece ribaltato la situazione, molti utenti si aspettano di scegliere PRIMA cosa vogliono vedere e POI andare a cercarselo. La logica conseguenza è che se un contenuto esiste verrà trovato, anche se non si trova su un canale TV nazionale.

L'altra grande rivoluzione è stata l'emergere di canali secondari capaci di giocare quasi ad armi pari con i media maggiori. Fino a qualche anno fa una piccola emittente locale poteva fare poco più che trasmettere notizie locali, balli folkloristici e commedie dialettali, il tutto per un pubblico ristretto geograficamente e demograficamente. Allo stesso tempo i blog (allora si chiamavano WebLog ed erano statici) e le altre incarnazioni dell'informazione più o meno libera su Internet erano ancora appannaggio di pochi e particolari individui. Poi c'è stata la guerra in Bosnia, con le ombre gettate sui media della NATO e le eroiche trasmissioni di Radio B92 in streaming da Sarajevo, poi la Guerra in Iraq e l'enfasi sui blog di guerra opposti al giornalismo embedded, una goccia alla volta finché anche i media e la politica tradizionale hanno dovuto arrendersi e fare i conti con l'esistenza a la potenza di strumenti come youtube, facebok, twitter. Oggi anche un emittente molto piccola, per assurdo anche un singolo individuo, può trasmettere dalla sua cantina al Mondo intero, e guarda caso se quello che dice ha un senso (e purtroppo anche se non ce l'ha) il Modo intero può ascoltarlo e spesso lo va addirittura a cercare, e lo trova. Lo hanno imparato a caro prezzo gli iraniani (per esempio così e poi così ma anche così, astenersi dal primo link i deboli di stomaco), e ora lo sappiamo anche noi. Con questo non voglio, come qualcuno ha fatto, paragonare l'Italia all'Iran, non ancora. Ma è evidente che ci accomuna una grossolana ignoranza, nella classe politica, delle peculiarità e delle opportunità di un nuovo modo di intendere la comunicazione (direi un nuovo paradigma se certi imbecilli non l'avessero fatta diventare una parola per intellettualoidi a corto di argomenti).

Fino ad ora la reazione dei governi e dei grandi network di informazione è stata, con qualche eccezione, cercare di forzare vecchie regole su realtà nuove. Chiedendo gabelle per contenuti che il vicino di casa offre gratis, stirando la legge sul diritto d'autore oltre i limiti per cui è stata pensata, imponendo divieti troppo semplici da aggirare o solo tecnicamente inapplicabili o privi di significato. Per fortuna hanno sempre fallito. Intendiamoci a volte la "vecchia guardia" ha anche le sue buone ragioni, ma la mia impressione è che stia semplicemente giocando a un gioco di cui non comprende le regole, e allora se ne inventa delle sue che però guarda caso non vanno bene. Il punto è che per poter governare bene, un rapporto mediatico o un paese non ha importanza, bisognerebbe prima di tutto capirlo, e capire costa fatica, tolleranza e onestà intellettuale. E tanta, TANTA pazienza, soprattutto se ti aspetti ubbidienza da un mezzo come Internet che per progetto non riconosce il principio di autorità, un po' come gli italiani.

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